Luca Giordano BioArchitettura


La filosofia di Luca Giordano, titolare dello studio d’ingegneria e bioarchitettura Tecnoclima & partners di Lugano, è quella di perseguire, sia per nuove edificazioni che per contesti storici da recuperare in maniera conservativa e sensibile, una qualità sostenibile elevata secondo una visione olistica del progetto d’architettura

Con piccoli “gesti” si può fare tanto e noi, proprio con questi piccoli gesti e accorgimenti traiamo vantaggi non considerati dalla progettazione classica. Accorgimenti che hanno origini lontane, sviluppate dai vari popoli con la sola osservazione dei luoghi dove operavano e vivevano, approcci oramai dimenticati da qualche decennio per far posto alla costruzione omologata ed universale che solo si preoccupa dell’aspetto totemico e formale delle proprie figure leggere e superficiali.

Torniamo a porre al centro della nostra attenzione l’essere umano, fruitore del progetto, e insieme progettiamo recependo le aspettative, suggerendo e indirizzando verso una progettazione consapevole.

Il rispetto dell’ambiente non può e non deve essere un mero strumento per soddisfare delle normative ma bensì un percorso conoscitivo e culturale che permetta di qualificare il progetto aumentandolo di valore intrinseco non solo qualitativo ma anche economico, ambientale e sociale.

Un architettura sostenibile è: energeticamente efficiente (consuma poco anche nella fase di produzione dei materiali che comporranno l’edificazione); quindi ha un impatto minore sull’ambiente e sull’essere vivente; permette un benessere e confort abitativo più elevato e permette di vivere in un contesto salubre e rispettoso delle future generazioni con l’effetto finale di aumentarne il valore in senso lato.

Luca Giordano 11.01.2012

Concorso architetture in legno Made in italy Klimahouse 2017- luca Giordano & partners ricevono premio speciale 


In questa pagina abbiamo il piacere di presentarvi, per ogni categoria, il vincitore e i progetti menzionati. Il meglio dell’architettura sostenibile in Italia prodotto negli ultimi dieci anni.

http://www.concorsoarchitettura.it/2015/vincitori/progetto/segnalazione%20social%20media/

Verso un architettura realista


Come una derrata alimentare con il proprio marchio di qualità, anche la casa è una merce speciale, che il mercato, al consumatore ecologicamente attento, comincia a offrire con le dovute certificazioni. Consumo energetico, materiali, impianti e comfort abitativo devono rientrare in un calcolo tecno-scientifico e istituzionalizzato. I cambiamenti climatici in atto ed il drammatico caso di Fukushima hanno senz’altro aiutato ad aumentare la nostra sensibilità, almeno di tanti.

In edilizia in Europa esistono diverse certificazioni, obbligatorie e non, come in Svizzera. Per ciò che attiene l’involucro edilizio e l’aspetto energetico le più conosciute sono la Passivhaus germanica, la nostra confederale Minergie, la statunitense LEED e via seguendo le altre.

 

È indubbio, e lo dico a ragion veduta, che una Certificazione energetica di questo tipo, non obbligatoria nel privato, permette un controllo costruttivo migliore e senz’altro questo a tutto vantaggio della committenza e dell’esperienza di noi progettisti, non c’è dubbio ribadisco.

 

Va infatti considerato che negli ultimi 10 anni il tema energetico, almeno per ciò che attiene il territorio Svizzero Italiano ma non solo, è diventato preponderante nella costruzione. Sempre di più la forma e la struttura devono confrontarsi con questo nuovo input progettuale e a volte con non pochi grattacapi del team di progetto.

 

La Zürcher Kantonalbank, faro direzionale per ciò che attiene l’edilizia in Svizzera, nel 2005 presentò uno studio che evidenziava come un edificio certificato MINERGIE diventa redditizio dopo poco più di 7 anni mentre una costruzione standard sarebbe stata vantaggiosa solo con una probabilità dell’11%.

Continuava asserendo che con ogni probabilità, cito testualmente, dopo 30 anni il valore della costruzione MINERGIE sarebbe maggiore del 12% a quello di un edificio convenzionale.

Non sta certo a me giudicare il miglior approccio ma penso sia fondante ed utile che il progettista valuti e approfondisca con attenzione critica e professionale cosa consigliare alla propria committenza.

 

De facto è possibile certificare un edificio residenziale –destinazione d’uso più sensibile assieme ad ospedali, case per anziani ed Asili a mio avviso- in diversi modi ed in maniera più o meno bio-compatibile ed eco-sostenibile.

 

Con questo intento elaborai, nel prosieguo della mia tesi finale di Diploma federale quale Esperto in bioecologia della costruzione ramo progetto e con la collaborazione puntuale dei miei partners di Atelier Lisa Colombo e Marino Cattaneo, una lista di 10 voci guida che qui di seguito condividerò con tutti quelli che vorranno leggere questo breve contributo sperando di far cosa gradita:

 

L’edificio bioecologico nasce da una particolare attenzione per la complessità del contesto naturale-umano, richiede lungimiranza e parsimonia urbanistica, impiega con semplicità e appropriatezza costruttiva materiali adatti, tiene conto delle esigenze primarie e culturali dell’uomo. Essa:

  
1.
Rispetta i regolamenti attuali sull’uso dell’energia in materia d’isolamento termico dell’edificio.

2. Usa solo energie rinnovabili per il riscaldamento e la produzione di acqua calda; in alcuni casi la tecnica a gas metano a condensazione è permessa.

3. Non permette immissione di aria negli ambienti con sistemi meccanici forzati.

4. Accetta l’aspirazione meccanica forzata dell’aria degli ambienti, se non sussistono problemi di gas RADON.

5. Usa solo materiali da costruzione Certificati Nature plus o equivalenti nella qualità e nella riduzione massima delle emissioni dannose alla salute e all’ambiente.

6. Richiede che i muri perimetrali, verso l’esterno, siano permeabili al vapore e che sfruttino l’energia solare passiva.

7. Vieta l’utilizzo di isolanti termici di origine fossile ad eccezione di quelli che svolgono una funzione anche impermeabilizzante o anti-radon (sottostruttura edilizia o coperture di tetti piani).

8. Non permette l’utilizzo di pavimenti, finestre e porte di origine fossile.

9. Vieta l’utilizzo, in ambienti chiusi, di impregnanti chimici per il legno, di colori e di vernici contenenti solventi e formaldeide.

10. Richiede l’utilizzo di solo legname indigeno o certificato FSC

 

Un approccio progettuale e analitico quindi, concludendo, non atto a dominare la natura, come sosteneva per esempio Francesco Bacone diversi secoli fa, bensì una scienza gentile, compassionevole ed empatica. Invece di cercare di dominare la natura, l’intento è quello di imparare da lei e dialogare con lei quanto più possibile. Un grande timore reverenziale verso essa e in particolare per la sua complessità delle forme, degli schemi e dei processi naturali e un alta consapevolezza dell’ingegno della natura stessa che è di gran lunga superiore a qualsiasi invenzione umana. L’architettura o costruzione bioecologica studia i flussi del mondo naturale e cerca di incorporarne i principi che ne sono alla base nelle sue progettazioni.

 

Con o senza Certificazione, il progettista e/o il committente “bioecologico” dedica un’attenzione e una sensibilità particolare alle persone, e alle cose negli edifici e ai loro movimenti, applicando la metafora dei processi metabolici ad ogni progetto architettonico in essere. Va considerato quindi anche il verde,

il giardino come parte dell’edificio, del paese, della città, nel tentativo costante di creare un dialogo equo e sostenibile tra essere umano, architettura e natura. Ecco perché la casa come l’essere vivente va vista come un organismo in cui ogni cosa deve fluire, traspirare e respirare liberamente per permettere la buona salute.

Alla base di questo atteggiamento di stima e rispetto per la natura c’è un orientamento filosofico che non considera gli essere umani separati dal resto del mondo vivente, ma fondamentalmente inseriti nell’intera comunità vivente della biosfera, e da essa dipendenti. Con o senza Certificazione.

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di Luca Giordano – Lugano

http://www.tecnoclima.ch

Critica al progetto Green building di Bernate Ticino


L’architettura crea a volte dei legami casuali tra l’analisi critica e razionale, e la forma, quest’ultima definita dall’architettura stessa come “manifestazione spaziale di specifiche intenzionalità costruttive”.

 

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Nell’architettura presa in esame, è evidente quanto la forma sia esplicita e coerente la filosofia del progetto che determina uno spazio ricavato da precisi schemi organizzativi.
Sembra di osservare una scatola bianca intagliata, creando a sua volta altre scatole rigide ma gradevoli, e che ben si legano alla facciata che crea un vero design orginale con un carattere ben distinto.

 

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Un’opera creata da un modulo, dal sapore metafisico, di forte impatto ma che non stanca di farsi ammirare, posizionata in modo non ridondante.
Altro punto di forza di questa architettura è lo “spessore” di questa parete modulare che va in netta contrapposizione con la trasparenza e la leggerezza delle aperture e del parapetto, alla vista fuggiva inesistente, della terrazza.

 

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E’ consueta abitudine, oggi, il tentare disperato, da parte degli architetti, di mascherare ciò che sta diventando sempre di più un vero e proprio paesaggio costruito per la maggior parte da sagome, le quali ricadono tutte nell’oblio della banalità, tanto grandi, spettacolari e simboliche quanto completamente racchiuse nel proprio ego di bella presenza a scala monumentale.
Ciò che differenzia, la nostra scatola bianca, dalla banalità dozzinale applicata a grande scala, è il semplice gesto grafico comunicativo.
Altro non è che una semplice definizione dettata da una naturale estrusione di linee, un gesto che, come già detto, comunica in modo, esplicito e veloce, dotata di sex appeal , merito della grazia innata delle linee, nonostante la loro rigidità richieste dallo stile minimal; differenziandosi anche dal tipo di approccio costruttivo adottato, andando a porsi come linea guida per ottenere e dare un grande contributo alla città del futuro, migliorandone qualitativamente la vita all’interno e all’esterno di essa.

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Interessante e particolare è il forte richiamo e assonanza, nella parte posteriore della casa (rispetto all’asse stradale), al movimento moderno ed in particolare ad alcuni concetti formali di Charles-Edouard Jeanneret-Gris, riproponendo, al piano terra, una chiave di lettura alternativa al piano a pilotis, ottenuto tramite bucature della parete da elementi trasparenti, creando così un piano terra leggero diversamente, che sostiene un volume (secondo piano) in aggetto, sollevandolo dal terreno.

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Attenzione particolare è stata sottoposta alla cura del dettaglio, ciò è tale da rendere il tutto armonioso, e ogni singolo elemento è strutturalmente e filosoficamente concatenato.

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Il tempo e lo spazio non hanno permesso di riproporre, all’interno dell’edificio, il modulo di facciata che caratterizza questo edificio, realizzando un vero “fil rouge”, che avrebbe creato un legame dall’esterno all’interno.


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Norberto Marzo Assistente stagista Erasmus Placement con note e modifiche di Luca Giordano, il progettista dell’opera

Assistente al progetto Lisa Colombo

Casa di Carlo e Leontina Bianchi, Riva San Vitale, Ticino, Svizzera – Mario Botta, l’inizio – Analisi Critica, sensazioni; a colloquio con i committenti settembre 2011


composto -ed in gran parte frutto- da Luca Giordano Lugano

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Il risultato fattivo, l’opera – scatto personale

 

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Il principio concettuale generatore , scatto fonte vedi bibliografia

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il modello, scatto fonte vedi bibliografia

Contestualizzazione storico-ambientale

 

L’edificio viene inserito nel magnifico contesto periferico di Riva San Vitale.

Le origini del villaggio di Riva San Vitale risalgono all’epoca romana. Da una lunga iscrizione tombale ritrovata in paese, si è saputo che il nome della località era allora Vicus Subinates, ossia paese dei Subinati. La prima citazione in un documento scritto risale tuttavia al 744, ossia alla fine dell’epoca longobarda. L’antichità dell’insediamento è comprovata pure dal Battistero, la cui struttura di base è certamente romana. La pieve di Riva San Vitale è tra le più antiche del vescovado di Como.

Il 16 marzo 1790 la pieve di Riva San Vitale cessò di essere republica indipendente e venne aggregata alla comunità di Lugano.

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Veduta aerea satellitare di Riva

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 Il battistero di San Giovanni Battista

Considerazioni socio-filosofali metafisiche

Interessante notare la stratificazione degli affreschi che si susseguono nel tempo generando automaticamente un nuovo spazio “strappando” la scena alla “tavola” precedente. Da un punto di vista filosofico possiamo interpretare questo agire come un modo di riconquistare uno spazio a sfavore di chi precedeva; approccio insito evidentemente nella natura umana.

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  L’ascensione di Cristo  

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L’assunzione della Madonna

 

Apprezzo poi osservare un aspetto metafisico latente nei due affreschi sopra evidenziati.

Nell’immagine di destra possiamo notare, più facile per chi ha avuto modo di osservarli dal vivo, come la Madonna viene elevata al cielo dagli angeli in quanto “assunta”, secondariamente al Cristo, ad essere elevata, per grazia, al cielo in anima e corpo; Una speranza verso l’ascesa di cristo, verso la resurrezione alla vita eterna. L’assunta quindi è il compimento anticipato di tale promessa; è il segno fondamentale della trasformazione finale del mondo, Maria già possiede “lo splendore dei corpi celesti”.

L’attuale concezione del mondo è fortemente contrassegnata dalla dimensione escatologica, perché si vuole edificare, costruire il futuro che dia un senso globale all’esistenza umana. A un analisi superficiale potrebbe anche sfuggire l’esigenza di un senso totale della vita presente nel nostro convulso periodo storico, così contraddittoriamente immerso nel presentismo, nel passatismo, nel terrenismo, nel consumismo esasperato, cioè nelle forme mutevoli del nichilismo, con le tragiche

conseguenze della degradazione umana e della violenza o dell’indifferenza verso la persona umana.

Approfondendo l’analisi si potrebbe indagare su alcuni fenomeni diffusi nel mondo d’oggi (come la mistica orientale, la pratica yoga, lo spiritismo (da non confondere con lo spiritualismo evidentemente), il satanismo, la parapsicologia, le sostanze devianti, la new age e derivati..), così facendo non si può non avvertire ch’essi denunciano in qualche modo, magari oscuro e confuso, l’enorme insoddisfazione dell’essere vivente contemporaneo. I suddetti fenomeni denotano in qualche modo l’attesa spasmodica di qualcosa che rompa le barriere del mondo materiale; che forzi “la prigione del terrenismo”, per aprirsi a prospettive esaltanti quali la dimensione spirituale dell’esistenza, estesa oltre i limiti angusti della semplice sfera sensibile della vita, per trovare un senso totale e trascendente alla vita umana, per soddisfare il bisogno insopprimibile e urgente di natura escatologica sempre presente.

 

Relazioni tra metafisica e architettura, o meglio edificio residenziale, casa.

 

Per provare a rendere più consistente il mio personale e -a futura memoria- soggettivo contributo sopraespresso e intensificare l’identità delle relazioni metafisiche originate dagli affreschi del Battistero di Riva e l’edificio in questione, trovo interessante estrapolare parte di un testo che parla dell’architetto Kahn -anche mia musa ispiratrice come avrete viso o letto in altri testi- e del suo progetto a Dacca, India.

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Immagine del progetto a Dacca – Louis Isidore Kahn

 

“Le ragioni spesso trascendenti, che Kahn metteva come giustificazione dei propri processi compositivi, trovarono inaspettatamente nella realtà indiana, un terreno di coltura più appropriato, di quanto solitamente trovarono nella ben più pragmatica realtà occidentale. In particolare l’idea di fondo che consisteva nel relazionare gli esseri utilizzatori con il fine ultimo funzionale dell’edificio stesso, ovvero quello di riunire.

In questo caso l’unione era relativa al fatto che l’edificio era Assembleare e lui lo relaziona ad una moschea; grazie poi alla fondamentale importanza della religione nella vita dei Pakistani, Kahn immagina di catturarne l’essenza ed imprimerla al progetto.

Si sviluppa così un nucleo fortissimo dovuto alla giustapposizione di elementi riconoscibili ed isolabili nelle loro identità elementari, che originano, in perfetta adesione all’idea’Kahniana di composizione, una complessità comunque decodificabile in virtù della propria natura sommatoria; e qui potremmo poi parlare di Olismo formale in architettura, ma mi spingerei troppo oltre, contestualmente. Tutta la composizione di questa realizzazione è innervata da un senso di profonda trascendenza, e il veicolo per raggiungerla è l’uso degli elementi della natura. La luce gioca anche in questa serie di realizzazioni. Il suggestivo e predominante ruolo di costruttrice dello spazio.

Essa libera le forme dal vincolo della funzione, le scandisce e al contempo le fonde in una polifonia fatta di assolutismi e relativismi, esaltata dai vibranti toni della materia, del cemento armato e degli inserti in marmo bianco. Con il lavoro del tema della luce, Kahn in questa realizzazione, evolve ulteriormente il criterio del “muro abitato”: la massa si dilata in una sorta di spessore cavo, e si frammenta in ambiti distinti, tali da essere immaginati come elementi capaci di portare la luce nei punti più interni della pianta.

Ecco, a mio avviso è utile terminare questa digressione relativa soffermandoci sulla frase:

“elementi capaci di portare luce nei punti più interni della pianta..o potremmo dire ..di portare luce nei punti più interni nell’animo umano. Infatti, per quanto mi riguarda, penso che anche Casa Bianchi abbia queste caratteristiche metafisiche, spirituali che potremmo definire ed analizzare esegeticamente con diverse chiavi di lettura, alcune le rimetto qui sotto, senza commento, a stimolo e vostra suggestione critica ermetica.

Il Genius loci è un’entità naturale e soprannaturale legata a un luogo, e oggetto di culto nella religione romana. Tale associazione tra Genio e luogo fisico si originò forse dall’assimilazione del Genio con i Lari a partire dall’età augustea. Secondo Servio, infatti, nullus locus sine Genio (nessun luogo è senza un Genio) (Commento all’Eneide, 5, 95).

Secondo le prescrizioni del Movimento Tradizionale Romano, il Genius loci non va confuso con il Lare perché questi è il Genio del luogo posseduto dall’uomo o che l’uomo attraversa (come i Lari Compitali e i Lari Permarini), mentre il Genius loci è il Genio del luogo abitato e frequentato dall’uomo. Inoltre quando si invoca il Genius loci bisogna precisare sive mas sive foemina (“che sia maschio o che sia femmina”) perché non se ne conosce il genere. Fonte Wikipedia

“La mia casa è pratica. Grazie, come grazie agli ingegneri delle Ferrovie e alla Compagnia dei Telefoni. Non mi avete toccato il cuore. Ma i muri si alzano verso il cielo secondo un ordine che mi commuove. Capisco le vostre intenzioni. Siete dolci, brutali, incantevoli o dignitosi. Me lo dicono le vostre pietre. Mi incollate a questo posto e i miei occhi guardano. I miei occhi guardano qualche cosa che esprime un pensiero.”

Le Corbusier, Vers un Architecture, 1923

 

Si tratta di un sistema bidimensionale che rende difficile il male e facile il bene: con il Modulor viene ufficialmente codificato il principio unificatore universale che regola la vita ideale dell’uomo ideale, dall’architettura alla meccanica, dalla forchetta alla città.”

Albert Einstein, a proposito del Modulor

 

I Greci si posero anche il problema dell’esistenza di Dio. Socrate, come riporta Senofonte nei Memorabili, fu particolarmente votato all’indagine sul divino: svincolandolo da ogni interpretazione precedente, lo volle caratterizzare come “bene”, “intelligenza” e “provvidenza” per l’uomo.Egli affermava di credere in una particolare divinità, figlia degli dèi tradizionali, che indicava come dáimon: uno spirito-guida senza il quale ogni presunzione di sapere è vana. In Socrate infatti ricorre spesso il tema della sapienza divina più volte contrapposta all’ignoranza umana. Fonte wikipedia

 

“Una cosa costruita è infinitamente più ricca delle idee, dei disegni, dei progetti degli architetti stessi. La cosa costruita si arricchisce del rapporto della realtà. Si arricchisce della fatica del lavoro, delle compromissioni che rendono questa idea futuribile, la rendono patrimonio, testimonianza delle contraddizioni, ma anche delle aspirazioni della nostra società.”

 

Contestualizzazione territoriale ed orientamento

 

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Vista aerea satellitare del contesto edificato, google earth

 

Per quanto riguarda l’orientamento, la vista dal lago presenta la veduta del fronte est, mentre la vista opposta (quella della montagna) la veduta del fronte ovest. Lungo l’asse nord- sud (con il sud rivolto verso valle), invece, è possibile notare il profilo della passerella e il declinare delle curve di livello dalla montagna verso il lago.

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Vista prospettica da Sud-est, dietro Il Monte Generoso

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30.09.2011, a colloquio con il prof.Bianchi, vediamo il terrazzamento

Valutazioni secondarie ma fondanti, il rapporto cliente-luogo-architetto

 

Prima di lasciare lo spazio, che merita, alla struttura classica di una critica di progetto d’architettura, ritengo necessario –da un punto di vista del sentimento, del tributo obbligato– soffermarmi sul ruolo e sul carattere che il committente dona al progetto per mano –per lo più- del progettista incaricato.

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Pianta dell’edificio visto dal Carlo Bianchi artista

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Rappresentazione della “musa” in un momento di vita quotidiana del committente, sullo sfondo il San Giorgio

 

A colloquio con il prof.Bianchi non ho potuto fare a meno di carpire empaticamente l’amore che egli ha de liberamente elargito al progettista, sentimento che evidentemente –non entro in considerazioni personali- si capisce essere preesistente rispetto alla nascita del progetto stesso.

Il rapporto luogo-cliente-architetto risulta per me fondante in quanto permette –oppure impedisce in altri casi- l’innescarsi di quella –che alcuni definirebbero- magia che assume

forma e sostanza con l’evoluzione del progetto e l’erigersi dell’edificazione. Quanto questa procedura latente, e molte volte sottovalutata, rappresenta esula dall’esercizio contestuale ma meriterebbe –almeno per il sottoscritto- un attenta integrazione all’interno del percorso formativo di ogni architetto. Questo richiederebbe evidentemente l’assoggettamento a rilevanti concetti psicoanalitici di cui oggi però non parleremo.

 

Contesto storico culturale, il progetto ed il progettista & partners

La casa di Riva San Vitale è stata progettata da Botta nel 1971, con la collaborazione di Sandro Cantoni, su commissione di Carlo e Leontina Bianchi; la costruzione risale invece al 1972/73. Botta antepone la fiducia nella tettonica del muro alla razionalità dello scheletro, privilegiando la lezione kahniana a quella lecorbusieriana.

Linee marcate che staccano netti profili di una sagoma che si ritaglia nella natura circostante; superfici scolpite da geometrie regolari che rimandano il riflesso della luce in un gioco di vibrazioni luminose; la penombra di un recesso che ti accoglie al coperto e ancora dall’interno grandi visoni degli spazi che hai appena lasciato, inquadrato dalle linee semplici di muri, archi, pilastri.

Una casa che si afferma come residenza stabile, come rifugio in cui l’architettura “difende, rassicura, dura”, in opposizione al tipo di residenza della villa, identificato solo quale luogo rappresentativo di una certa condizione sociale. Attraverso l’aggiunta di spazi- filtro esterni viene a modificarsi la condizione di rigida separazione fra interno ed esterno, riproponendo una nuova funzionalità per l’intero organismo. Le grandi aperture protette e arretrate, così come i piccoli spiragli e le feritoie che interrompono la continuità dei muri, divengono punti di osservazione privilegiata sul paesaggio circostante, ne introiettano la presenza all’interno misurandone l’essenzialità. Questa relazione con l’esterno viene rafforzata anche dai grandi lucernari posti sulla copertura e dalla loro continuità, realizzati lungo la sezione longitudinale, riportandovi oltre la luce anche altri elementi come la pioggia, la neve e la grandine. Fragili membrature che riconnettono parti solide e ancora compatte: come un guscio incrinato che si sta dischiudendo, l’architettura di questi edifici sembra veder contrassegnare la nascita di un uomo nuovo, in cui l’esigenza di un rifugio, di una protezione, cede il posto a uno spirito di rinnovata fiducia e apertura verso il mondo esterno. Architettura saldamente ancorata alla terra del Ticino, alla straordinarietà di questi luoghi dove le ombre allungate, che la montagna ritaglia sul paesaggio, rendono la luce una cosa preziosa e indispensabile alla vita. Un’architettura generata da questa terra, ma un’architettura che sembra travalicare i confini per divenire il simbolo di una nuova condizione dell’abitare.

 

Questo amo di questo progettista e queste lezioni ho fatto anche mie per miei progetti.

 

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30.09.2011, Vista da Sud-Ovest

 

La colonna o il pilastro sono destinati a fini prevalentemente decorativi. Se l’ombra è completamento essenziale per la percezione della luce, il muro è la figura che materializza il vuoto.

Il disegno di Botta è attratto dalle figure capaci di separare, disporre, ordinare. Per tali ragioni, quindi, contro le convinzioni diffuse nella pratica contemporanea favorevole alla progressiva smaterializzazione degli involucri edilizi, l’architetto ticinese tenta di ricondurre, tramite tecniche ed immagini tradizionali, la costruzione a riconoscersi nelle virtù dei propri materiali. Osservando gli studi attraverso i quali quest’opera si viene definendo, sorprende la varietà delle tematiche sondate prima di giungere alla configurazione di un’immagine rigorosa, che si realizza in un difficile equilibrio di proporzioni. Ricercando tale stabilità, Botta abbandona l’ipotesi di utilizzare per la casa di Riva una copertura simile a quella costruita da Le Corbusier per la Maison De L’Homme, a Zurigo. L’edificio finisce così per presentarsi come una torre solitaria. Libera dall’abbraccio della natura, la casa si radica bruscamente al suolo, avendo come fine primario quello di esibire la propria diversità.

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Est

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Sud-Est

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Nord

 

In tal modo l’architettura, ancora una volta, stabilisce un rapporto biunivoco con il luogo. Il trattamento dei materiali, dal calcestruzzo agli infissi in ferro verniciato, non è incline ad alcun compiacimento. Le manipolazioni e gli scavi operati nei volumi mettono a nudo in facciata l’intelaiatura portante, trattata come una loggia gigante che accoglie un gioco di sprofondamenti.

L’insieme si squaderna in una sorta di catalogo, costruito con una sapiente successione, di citazioni lecorbusieriane, stando anche a quanto gli ambienti interni confermano.

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Vista dal salone verso la camera del “bisticcio”, dalla cucina verso l’angolo camino, e verso la scala dal basso

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Altri punti di vista interessanti

All’edificio, inoltre, si accede dal piano superiore, scendendo poi attraverso una serie di successione di piattaforme libere, illuminate da numerose aperture. Da Le Corbusier, inoltre Botta coglie l’insegnamento concernente la logica della forma architettonica, in rapporto con la luce, orientamento, clima e materiali.

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Piante dell’edificio, fonte vedi bibliografia


L’assemblaggio geometrico, dal quale emerge la soluzione angolare studiata per il principale corpo di fabbrica, che comporta l’isolamento di una libera forma parallelepipeda su cui poggia la copertura, è di derivazione Kahniana.

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Studi compositivi e distributivi di Mario Botta

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L’essenza materica imponente, incute quasi timore reverenziale, altro scatto personale di settembre 2011

 

Altrettanto interessante è approfondire uno dei concetti caro alla “coppia” cliente-architetto, ovvero il concetto di “ribaltamento”.

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Vista dal salone verso l’angolo Sud-Est

 

E’ Carlo Bianchi che mi fa notare il giuoco interno/esterno che la particolare concezione solido-“liquido” distributiva mette in chiara evidenza.

Soprattutto è genialmente spirituale la trasformazione che l’illuminazione solare e lunare –nel susseguirsi temporale- dona agli spazi interni concepiti che allo stesso tempo dialogano con l’arredo mobile e d’arte che la committenza ha –altrettanto genialmente/spontaneamente- collocato quasi a fungere da leva spirituale ad ascensione, verso il meglio, del tutto pensato, elaborato e costruito, per il bene privato e comune.

 

Bibliografia

. STORIES OF HOUSES: A Family House at Riva San Vitale, by Mario Botta

. Rivista Archiword

. Sursum Corda, L’Osservatore Romano – 15 agosto 2009

. Sito internet di Mario Botta architetto

. Sito internet MIMOA

. Sito internet Hisrtorias di casas

. Sito internet Comune di Riva San Vitale

 

Tecnoclima, von Luca Giordano & partners Energietechnik und Bioarchitektur in Lugano


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Die Architektur organisiert schon immer die Räume, in denen der Mensch lebt. Das Gestalten der gebauten Umgebung ist also der wichtigste Zweck dieses Fachgebiets. Seit ein paar Jahrzehnten hat sich noch ein weiterer Zweck hinzugesellt: Diesen Raum gut zu bewohnen mit minimalen Auswirkungen auf die natürliche Umwelt. Und genau das macht das Büro Tecnoclima von Luca Giordano&partners, ein auf Energietechnik und Bioarchitektur spezialisiertes Büro, das 1998 in Lugano gegründet wurde.

Unsere Philosophie

Unser Büro, das wir mehr als Atelier im Sinne einer Ideenschmiede konzipieren, ist auf Energietechnik, Thermophysik am Bau und Baubiologie spezialisiert. Seit 1998 entwickeln, kreieren, planen und leiten Luca Giordano und seine Partner Arbeiten im Umfeld des privaten und öffentlichen Bauwesens.

Dank unserer spezifischen fachlichen Kompetenzen unterstützen wir häufig andere Planer bei der Ausführung ihrer Arbeit. Wir arbeiten auch auf Direktauftrag von Gemeinden und privaten Bauträgern.

Die Erfahrungen, die wir im Laufe unseres Berufslebens gesammelt haben, helfen uns, ausführlich auf die zahlreichen Aspekte der Vorbereitung, Planung, Verwaltung und der Finanzen zu antworten, die mit der Architektur und dem Bauwesen verbunden sind.

Unsere Spezialisierung ist der Grund dafür, weshalb wir sowohl lokal als auch europaweit tätig sind.

 

Tätigkeiten

Unsere Tätigkeiten sind erstrecken sich auf mehrere Fachgebiete und sind vielgestaltig aber immer spezifisch. Deshalb sind wir die idealen Fachpartner für Architekten, die sich mit Machbarkeitsstudien, Wettbewerben oder Projekten befassen die – aufgrund ihrer Komplexität – eine übergreifende Vision verlangen. Unser Büro eignet sich auch zur Alleinplanung, wenn der Bauträger von Anfang an besondere Merkmale wünscht, die mit unseren Fachkenntnissen auf dem Gebiet der Baubiologie und Bauökologie verbunden sind.

 

Baubiologie

Vorausgeschickt, dass es nur eine einzige Architektur gibt, die entstanden ist, um die biologischen Bedürfnisse des Menschen zu erfüllen – wie Schutz vor der Witterung – ist sie unter allen Fachrichtungen und in allen Kulturen am meisten vertreten.

Diese Fachrichtung hat für uns den Zweck, den Raum in jedem beliebigen Massstab zu organisieren, vor allem aber im menschlichen Massstab. Einfach ausgedrückt kann man sagen, dass die Baubiologie sich im Wesentlichen mit der Gestaltung und dem Bau von Immobilien oder der gebauten Umwelt beschäftigt.

Vitruvius, der Architekturhistoriker, der im 1. Jahrhundert n.Chr. lebte, sagte, dass die Architektur zuerst venustas (Form), utilitas (Funktion) und firmitas (Struktur) sei. Seit einem Vierteljahrhundert ist es im Bauwesen von grundlegender Bedeutung und auch zur Pflicht geworden, zwei Faktoren zu berücksichtigen: Die Umweltverträglichkeit, verstanden als Biokompatibilität im übertragenen Sinn, und die Nachhaltigkeit. Die Präfixe bio und eco (wie sie im Italienischen des Originaltexts verwendet werden) stammen aus dem Altgriechischen: Bios=Leben und Oikos=Umwelt. Es wird hier also von dem rationalen Konzept des eigentliches Zwecks der Architektur gesprochen, d.h. es geht darum, dem laufenden Projekt das beste Gleichgewicht zwischen den Teilen zu garantieren, die es dem Menschen ermöglichen, in Gesundheit und Harmonie mit der Umwelt zu leben, die ihn umgibt, ihn schützt und ernährt.

Unsere Art der Vorgehensweise bei unserem Beruf ist ausgewogen, wissenschaftlich und ganzheitlich orientiert. Wir lassen uns von der modernen Bewegung von Wright, Le Corbusier, Kahn inspirieren und wir lieben das Bauhaus – wo handwerkliches, industrielles, künstlerisches und architektonisches Können sich mit dem Ziel verbinden, den Bauträger aber auch sich selbst zu erfreuen.

 

Kompetenzen

Dank der ausgeprägten Spezialisierung verfügt das Büro über eine besondere gestalterischer Erfahrung beim Konzept und der Neugestaltung von vorhandenem urbanem Gefüge, bei historischen Bauten und bei der Gestaltung und Realisierung von Neubauten, die sich durch ihre Formschönheit, Funktion und Nachhaltigkeit sowohl bezogen auf die Umwelt als auch die finanziellen Aspekte auszeichnen.

Ziel ist dabei nicht nur die Realisierung oder Sanierung von innovativen und aktuellen Bauwerken, sondern auch, deren Kosten zu rechtfertigen und dabei die innewohnenden Merkmale mit einem Blick auf die Umweltverträglichkeit aufzuwerten. Denn Umweltschutz und Nachhaltigkeit sind in den letzten zwanzig Jahren immer wichtiger geworden.

 

Luca Giordano

Ein waschechter Luganer, wenn auch mit eindeutigem italienischem Ursprung. Jahrgang 1974, verheiratet mit Cristina Clerici-DeVito in Lugano. 1990 beginnt er seine berufliche Laufbahn. In 6 Jahren erlangt er zwei eidgenössische Berufsausweise als Zeichner für Anlagentechnik. 1998 fängt er an zu arbeiten und trägt 2001 seine Aktivität in das Handelsregister ein. Seit 2003 hat er parallel zu seinen beruflichen Tätigkeiten das dreijähriges Diplom für weiterführende Studien an der SUP  im Bereich Energy Management und zwei Berufsausweise in Baubiologie und Bauökologie gemacht, einen in Mailand, den anderen in Zürich.

Mit dem eidgenössischen Fachausweis darf er sich als “Baubiologe” im Bereich Planung bezeichnen.

Seit 9 Jahren profiliert sich Luca Giordano auch als Architekt für Bauökologie (Autodidakt) und hat bereits fünfzehn Projekte realisiert. Wenn er einen Auftrag erhält, dann erarbeitet er seine Entwürfe und geht mit seinen Büropartnern, die ihren Hochschulabschluss in Architektur haben, zur Umsetzung über. Dabei werden alle technischen und finanziellen Stufen der Planung berücksichtigt.

 

Lisa Colombo

2004 hat Luca Lisa auf einer Weiterbildung für Baubiologie in Mailand kennengelernt. Die beiden beginnen ihre zunächst sporadische Zusammenarbeit und seit 2008 arbeitet Lisa als Assistentin und Partnerin im Büro. Lisa Colombo, verheiratet und werdende Mutter, hat ihren Hochschulabschluss in Architektur an der TH Mailand gemacht. Sie ist Expertin auf dem Sektor der Baubiologie, Bauökologie und der Anlagentechnik und ein tragendes Element des Büros.

 

Marino Cattaneo

Im weiteren Verlauf lernt Luca Marino Cattaneo kennen, Architekt EPFL-OTIA, Schriftsteller, Künstler und Umwelterzieher. Die beiden haben viele Gemeinsamkeiten. Aus der Freundschaft entwickelt sich eine 4-jährige Zusammenarbeit, die Beruf und Weiterbildung umfasst. Seit 2008 ist Marino in jeder Hinsicht der Mentor der autodidaktischen Weiterbildung von Luca und Geschäftspartner des Büros.

 

Externe MitarbeiterInnen

Unsere Arbeitsweise führt dazu, dass wir langfristige Verbindungen eingehen. Deshalb sind zeitlich befristete Mitarbeiter nicht unser Ding. Wir nennen aber gerne die Zusammenarbeit mit Corinne Corioni (Hochschulabschluss in Architektur USI-Accademia), die oft bei uns als Projektassistentin tätig war. Insbesondere bei dem Projekt für die Wohnanlage il Cubito, bestehend aus vier unabhängigen Einfamilien-Wohneinheiten, die unter Verwendung des Existenzminimums gestaltet wurden. So entstehen neue, kubische Wohneinheiten, die es einer bis zu 5-köpfigen Familie gestatten, auf einer Fläche von 100 Quadratmeter brutto mit allem Komfort und einem hervorragenden Preis/Leistungs-Verhältnis zu leben. Einzelheiten im Abschnitt Tätigkeiten-Machbarkeitsstudien.

Praktikanten

Unser Büro nimmt schon seit geraumer Zeit europäische Studenten auf, die im Rahmen der Universitätsprogramme Erasmus zu uns kommen aber auch Studenten aus der Umgebung, die in den Beruf hineinschauen möchten, um dann an der SUSPI oder USI zu studieren. Alle haben unsere höchste Wertschätzung, besonders aber möchte ich zwei Praktikanten erwähnen, Valeria Vinci (italienisches Erasmus-Projekt) und Mattia Michea (3. Jahr der SUPSI). Sie haben an unserer letzten Machbarkeitsstudie für die Seniorenwohnungen und die Arztpraxis mit Null-Energie-Bilanz  Minergie A teilgenommen. Weitere Einzelheiten in den Abschnitten Veröffentlichungen oder Tätigkeiten-Machbarkeitsstudien.

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Il nostro futuro prossimo, nuovi paradigmi socio-economici-ambientali


di Nanni Salvio arpnet.it e da me ulteriormente e liberamente implementato e contestualizzato

Il petrolio scarseggia. La sua fine è decretata entro il 2030, dicono gli scienziati. Cosa succederà dopo?

Una crisi energetica, anzi una crisi di potenza, va prevista a causa della fine del petrolio a basso prezzo.

Gli studiosi prevedono che, ai ritmi d’estrazione e di consumo attuali (circa 27 miliardi di barili l’anno), intorno al 2005 è stato raggiunto “il picco di produzione geofisica del petrolio”, ovvero la massima capacità produttiva, tenuto conto anche dei possibili giacimenti ancora da esplorare o da sfruttare da poco ritrovati e considerando anche l’inarrestabile e senza controllo industrializzazione di Cina e India. Dopo di che inizierà il declino e, verso il 2030, si arriverà al punto in cui per estrarre un barile di petrolio occorrerà impiegare un altro barile di petrolio, ovvero la convenienza energetica ed economica attuale sarà nulla. La nostra economia è quasi totalmente petrolio-dipendente: non c’è nessuna “new economy” che non si basi sulla “old economy” del petrolio, come insegna la crisi energetica della California, avvisaglia di altri black-out energetici prossimi venturi.

Cosa succederà nei prossimi due o tre decenni? Ovviamente nessuno lo sa con precisione, ma si possono delineare tre principali ipotetici scenari .

Il primo, il più ottimista, è quello dell‘atterraggio morbido: la graduale e progressiva uscita dall’economia del petrolio, dall’ uso delle energie fossili, con una filosofia attiva del “ritorno al solare”, a fonti energetiche rinnovabili (legno, geotermia, idrogeno).

Il secondo scenario è quello dell‘assestamento che, attraverso il susseguirsi di crisi più o meno gravi, di fibrillazioni del sistema, giunge a stabilizzarsi nell’arco di qualche decennio, migliorando ulteriormente la cultura del risparmio energetico e della tecnologia.

Il terzo, quello della grande implosione, una visione apocalittica di conflitti armati, gravi cataclismi ambientali e lotta per la sopravvivenza.

Alcune avvisaglie di questi ultimi due scenari le abbiamo avute nel corso degli anni ’90: sono aumentati i “rifugiati ambientali” provocati da fenomeni climatici estremi (come l’uragano Mitch in Centro America), si sono scatenate lotte furibonde come conseguenza delle crisi economiche (Sud Est asiatico) e anche le guerre del Golfo, della regione transcaucasica e di quella balcanica, contengono elementi che possono ricondurre a valutazioni di ipotesi di controllo delle risorse energetiche (petrolio e gas).

Per la prima ipotesi proviamo a delineare una transizione dolce. Innanzitutto, chiariamo alcuni termini, a cominciare da quello di “crisi energetica”, che in realtà è improprio. Si dovrebbe piuttosto parlare di crisi di potenza.

Infatti l’attuale sistema energetico ed economico è centrato sull’impiego di energia ad alta potenza in grandi insediamenti urbani e produttivi per mezzo del petrolio, le energie fossili, in generale, e il nucleare, in particolare (Svizzera a parte dopo l’ultima decisione popolare).

Il solare, invece, è abbondante e diffuso su tutto il pianeta, in forma decentrata, ma poco si presta a produrre elevate potenze (benchè esistano esempi -anche locali- interessanti, vedi Airlight Energy Biasca).

In molti casi è però possibile sostituire l’utilizzo di energia ad alta con quella a bassa potenza. Un esempio classico: se confrontiamo lo scaldabagno elettrico con un collettore solare ci accorgiamo, che, nel primo caso, partiamo da energia pregiata elettrica, prodotta a partire da un’altra forma anch’essa pregiata, come il petrolio, nucleare o idroelettrica, per farla poi degradare rapidamente in calore a bassa temperatura. Nel caso del solare termico utilizziamo invece una fonte di energia diffusa e meno pregiata con una minore degradazione di potenza calorica.
In più, però, si deve prendere in considerazione la quantità di energia incorporata nell’impianto e, in generale, nell’intero ciclo di vita di un prodotto. Per esempio, ogni tecnologia che utilizza fonti rinnovabili (dal fotovoltaico ai collettori solari alla biomassa); richiede a sua volta energia per costruire l’impianto. Perché il tutto sia vantaggioso, è necessario che l’intero ciclo di vita dell’impianto produca più energia di quanta ne è stata assorbita per costruirlo e metterlo a disposizione del consumatore, o meglio, utente finale.

Una valutazione di questo tipo è più complessa e controversa, perché non ci sono strumenti di misura per verificare direttamente i risultati, e ci si basa su stime che comportano un’elevata incertezza.

Comunque sia, gli esempi e gli strumenti tecnici per il passaggio a “energie dolci” non mancano e lo rendono attuabile.

L’attuale modello economico e di sviluppo è intrinsecamente insostenibile inquanto basato sull’idea di crescita continua e illimitata, con un’esasperazione dei consumi e dei bisogni indotti individuali. Fonte di stress, non solo ambientale, ma anche per le persone. D’altro canto è bene intendersi: un modello energetico basato su fonti rinnovabili è possibile, ma mette a disposizione una potenza complessiva assai inferiore a quella attualmente richiesta, probabilmente di circa un terzo, che non può essere compatibile con l’idea della crescita illimitata di oggi.

Ciò non significa, non riflettere sull’uso concreto delle fonti energetiche rinnovabili.

Per approvare il passaggio al loro uso convenzionale, cioè tradizionale e non alternativa come viene oggi ancora dichiarata da diverse lobby, va anche compreso dal largo pubblico un elemento un pò nascosto che sta nella produzione, cioè quello del l energia incorporata, altrimenti detta energia grigia, e quali conseguenze può avere su di noi tutti, sia per le decisioni che siamo chiamati a prendere sia per quelle che subiamo perché prese da altri.

Per far ciò occorre premettere cos’è l’energia, in particolare quella fossile, ma soprattutto gli aspetti a lei collegata ed intrinsechi.

Ho quindi incluso –e mi potete far sapere se in modo sufficientemente comprensibile- altri aspetti più informativi, che mi auguro esaustivi, per renderlo meglio comprensibile ai più.

 

Biomassa

La biomassa è l’insieme degli organismi che vivono su una data superficie e viene misurata in base al loro peso o al loro contenuto di energia. Da sempre questa fonte energetica viene utilizzata nelle società tradizionali come combustibile: legna da ardere, carbone vegetale, paglia, ecc. Ancora oggi la legna è uno dei combustibili eco-sostenibili più importanti nelle società.

Dalla biomassa è possibile ricavare biogas (una miscela di gas con prevalenza di metano) attraverso appositi impianti digestori, come avviene da tempo nelle società contadine in India e in Cina. Il biogas a sua volta può essere utilizzato direttamente come combustibile oppure per alimentare piccole turbine al fine di produrre elettricità o, meglio ancora, in piccoli impianti di cogenerazione, che producono sia calore sia elettricità. Oggi l’interesse è rivolto anche a particolari coltivazioni vegetali ad alto contenuto zuccherino (barbabietola, canna da zucchero) che permettono di estrarre biocarburanti in sostituzione di quelli fossili, come già avviene su larga scala in Brasile, dove il 25% del carburante proviene dalla biomassa (alcool di canna da zucchero). Questa soluzione può entrare tuttavia in competizione con l’esigenza alimentare, soprattutto nei paesi poveri.

Per terminare, l’aspetto bio-massa, è sintomatico evidenziare che la combustione della legna ai fini del riscaldamento degli edifici è interessante ma tendenzialmente da contingentare visto le problematiche di emissione dovute alle polveri fini emesse, benché meno d’impatto rispetto a quelle dei motori diesel, da detti impianti. Andrebbero quindi promossi imipanti di teleriscaldamento là dove la risorsa primaria è presente. Contestualmente questo aiuterebbe anche -dal profilo social-economico- quelle zone del Cantone discoste, le valli in particolare.

 

Bioarchitettura

Un insieme di tecnologie edili consentono oggi di realizzare abitazioni a basso consumo di energia, ecologiche e più sane. vedi:

In linea di principio, è possibile progettare case a costo zero di energia, ovvero tali da consentire di produrre tutta l’energia di cui hanno bisogno, utilizzando esclusivamente l’energia solare in forma attiva e passiva. Già in passato si conoscevano tecniche e accorgimenti costruttivi che consentivano di realizzare abitazioni, calde d’inverno e fresche d’estate, in maniera naturale, con un apposito orientamento della casa e una scelta attenta delle finestre e dei materiali impiegati (ad esempio i famosi “muri spessi” delle nostre vecchie case). Queste tecniche vengono definite “passive”, perché non utilizzano direttamente impianti di trasformazione. Tra le tecniche “attive” spiccano i collettori solari per produrre calore a bassa temperatura, sia per il riscaldamento sia per i servizi igienici, e i pannelli fotovoltaici da posare sui tetti o facciate, che consentono di far fronte all’intero fabbisogno di elettricità, magari rivendendo, grazie alla sua immissione in rete, l’energia in eccedenza.

In questo senso il nostro Cantone dal 2000 ha iniziato a prevedere notevoli incentivi per il risparmio energetico, il solare termico e fotovoltaico.

Trasporti

Razionalizzare il sistema dei trasporti è ormai un imperativo categorico per diminuire l’impatto dell’uomo sul pianeta. Le tre principali direttrici da seguire sono la drastica riduzione del trasporto privato e il potenziamento di quello pubblico, la valorizzazione della bicicletta e l’introduzione di automobili elettriche, gas naturale (meglio se ibride) o alimentate con celle a combustibile. Queste ultime sono dispositivi elettrochimici che consentono di combinare l’idrogeno (un combustibile tradizionale come la benzina) con l’ossigeno presente nell’aria per produrre acqua calda ed energia elettrica. L’idrogeno deve essere a sua volta prodotto a partire da una fonte primaria, per esempio quella solare. Al momento attuale, queste auto non sono ancora entrate in produzione, ma ne esistono vari prototipi e si prevede che nei prossimi anni sostituiranno man mano quelle in circolazione.

 

Come usiamo oggi l’energia?

 

Un punto importante da chiarire è: come usiamo oggi l’energia? Schematicamente, si può dire che circa un terzo va in calore a bassa temperatura, prevalentemente nel settore domestico (riscaldamento e servizi igienici), un terzo nei trasporti per il solo carburante (senza considerare l’energia incorporata nei mezzi di trasporto) e un terzo nell’industria. Il settore agricolo assorbe una quota molto bassa, ma in realtà quella per l’alimentazione è ben maggiore, perché i cibi che arrivano nel nostro piatto sono “carichi di energia”, detta appunto incorporata, per il loro trasporto e la loro confezione. L’agroindustria assorbe una quota che può variare, tenendo conto delle diverse voci, dal 10 al 25% del totale degli usi energetici finali.

 

Il sole è da sempre la fonte energetica che alimenta la vita sulla terra, dà vita alle piante che diventano cibo per gli animali, attraverso le differenze di temperatura origina il vento, la pioggia, le onde e le maree.

L’uomo ha adattato il suo stile di vita alla disponibilità del sole.
Per ovviare alla discontinuità dell’irraggiamento solare nel passato si migrava alla ricerca di climi più caldi.

L’invenzione più importante nella storia dell’umanità è stata la scoperta del fuoco, attraverso la combustione del legno.
Il fuoco fornisce la luce se è buio, riscalda se fa freddo, protegge dagli animali predatori, permette di cuocere i cibi.

Nel corso dell’evoluzione l’uomo ha continuato a sviluppare le tecniche della combustione, imparando a cuocere l’argilla e fondere i metalli, producendo utensili sempre più sofisticati.
Il legno rimaneva comunque la materia prima più utilizzata.

Le deforestazioni più importanti sono avvenute nei secoli a cavallo del primo millennio d.c. e hanno prodotto un danno ecologico permanente su intere regioni della terra.

Fino al diciottesimo secolo le uniche forme di energia meccanica usate erano il vento e l’acqua grazie ai mulini.
Con l’invenzione della macchina a vapore divenne possibile ottenere questo tipo di energia,  bruciando legno.

L’esigenza di sempre maggiori quantità di energia, quindi di combustibile, spinse l’uomo ad utilizzare le risorse non rinnovabili della terra (carbone, petrolio ecc.), immagazzinate per milioni di anni nel sottosuolo e ritenute infinite.
Sull’utilizzo di queste fonti di energia si è costruita la rivoluzione industriale.

Il progressivo miglioramento delle tecniche di combustione ha permesso di ottenere grandi quantità di energia in modo costante.
Ciò ha reso possibile creare negli edifici un comfort artificiale senza dipendere dal ciclo discontinuo del sole.
In questo modo l’uomo e l’architettura hanno cominciato ad allontanarsi dalla natura senza accorgersene.

La combustione delle risorse energetiche non rinnovabili ha introdotto inoltre un nuovo problema: l’inquinamento.

La combustione del legno o delle biomasse, al contrario, causa un inquinamento ambientale ridotto (essenzialmente anidride carbonica, CO2 ) che può essere neutralizzato attraverso nuove piantumazioni o forestazioni.
Il legno venne sostituito anche come materiale da costruzione, soppiantato da calcestruzzo, acciaio, alluminio, plastica, ecc.,  materiali apparentemente più efficienti ed inesauribili.

Si ipotizzò che il non utilizzo del legno avrebbe contribuito a proteggere l’ambiente naturale, mentre invece si cominciò a danneggiarlo più gravemente.
La produzione e lavorazione dei nuovi materiali da costruzione richiedono un consumo di energia detta energia di produzione, considerevolmente piu` elevata.

Le fonti energetiche non rinnovabili, poi, richiedono maggior energia nel processo di produzione, trasporto, distribuzione e la somma di queste perdite nella loro trasformazione viene chiamata energia grigia.

 

L`energia grigia

 

In pratica, qualsiasi macchina o materiale, prima di costruirli e lavorarli, rispettivamente prima di usarli, cioè di giungere allo stadio che ne permetta la loro applicazione in un uso specifico, ha subito, a dipendenza della loro elaborazione, una quantità di processi che hanno richiesto l’uso di energia. Questa quantità di energia, servita per la trasformazione, è definita appunto energia grigia.

 

La produzione di questa energia, ha reso necessario lo sfruttamento di risorse non più rinnovabili, producendo di conseguenza carichi ambientali che gravano sull’aspetto sociale dell’intero sistema.

Inoltre per ottenere dei metalli o delle plastiche vieppiù particolari, si è reso necessario pure l’utilizzo di energia ad alto potenziale, recuperata da sostanze fossili, di cui ci accorgiamo sempre più, non essere inesauribili.

 

Per energia grigia si intende, quindi, il totale dell’energia utilizzata per la fabbricazione, il trasporto, la manutenzione di un prodotto durante il suo periodo di vita e l’eliminazione dello stesso alla fine del suo utilizzo. I dati relativi all’energia grigia dipendono dal processo di fabbricazione che deve permettere la sua calcolazione.

Qui vengono citati due tra i metodi più importanti per calcolare l’energia grigia:

ll primo si basa sulla statistica input/output (eventualmente in futuro si potrà redarre un articolo specifico), dove il fabbisogno energetico complessivo dell’economia viene ripartito fra settori. In funzione dei quantitativi d’energia impiegati in ogni settore si può determinare quanta energia viene utilizzata per franco del prezzo finale di vendita di un dato prodotto. Moltiplicando questo fattore per il prezzo finale del prodotto si arriva a calcolare il relativo contenuto di energia grigia. Questo metodo di calcolo ha, a suo vantaggio, che tutti i consumi indiretti vengono considerati. Come svantaggi, però, si può considerare la poca precisione nei dettagli, visto che si basa su prodotti/prezzi medi. Viene applicato nei paesi dove si tiene regolarmente una statistica input/output; ad esempio come viene allestito negli Stati Uniti ogni 4 anni per 370 settori.

Il secondo risale fino all’estrazione delle materie prime impiegate nella fabbricazione di un prodotto. Ad ogni passo del processo produttivo viene determinato il consumo energetico sulla base dei dati d’esercizio per poi sommarlo allo stadio successivo. Vengono inclusi nel calcolo anche gli input importanti che non sono sotto forma di energia. Questo metodo calcola il fabbisogno complessivo d’energia che dovrebbe risultare pari a quello calcolato con il metodo input/output.

 

Conclusioni

 

L’organizzazione della nostra economia oggi copre il proprio fabbisogno energetico grazie alla dipendenza da fonti di origine fossile ad alto potere energetico.

Davanti agli scenari illustrati sopra è palese la necessità e la reale possibilità di diminuirne l’utilizzo, a favore di energie rinnovabili a ridotto potenziale, che provocano un impatto ambientale più basso o addirittura, in certi casi, quasi nullo.

Non è affatto fuori luogo organizzare la nostra vita personale e collettiva, pubblica e privata, con lungimiranza per i prossimi 30 anni attraverso l’uso di fonti e tecnologie a basso impatto ambientale, quindi non fossili.

Se poi questo processo può essere accelerato, perchè il costo del petrolio inesorabilmente non potrà che continuare a salire, ne trarremo tutti un beneficio generale con ricadute economiche e sociali non trascurabili.


Luca Giordano

 

Bibliografia (non completa)

 

.Parte di una relazione di Ambiente Italia (ECIP) da Lillemor Lewan,
Centro Studi Ambientali, Università di Lund, Svezia
e Craig Simmons, Best Foot Forward, The Future Centre, Oxford, United Kingdom

 

.Complessità, risoluzione dei problemi e società sostenibili, di Joseph A. Tainter, 1996; in “Getting Down To Earth

.Paradigma post-petrolifero e popolazione, di Walter Youngquist; Population and Environment: A Journal of Interdisciplinary Studies Volume 20, Number 4, March 1999; http://www.oilcrash.com/italia/petrolm.htm.

. Alberto Di Fazio, “Le grandi crisi ambientali globali: un sistema in agonia, il rischio di guerra“, in: Massimo Zucchetti (a cura di) Contro le nuove guerre, Odradek, Roma 2000, oppure il sito http://dieoff.com

.P. Hawken, A. B. Lovins, L. H. Lovins, Capitalismo naturale, Edizioni Ambiente, Milano 2001

la passione di Kahn..mia musa ispiratrice


Louis Kahn diceva che anche un mattone vuol essere qualcosa. Un mattone vuol essere qualcosa, ha aspirazioni. Anche un comune, ordinario mattone vuol essere qualcosa più di ciò che è, vuol essere qualcosa di meglio di ciò che è. E’ questo che dobbiamo sentire anche noi.

La stradaweb.it G.M.

Ogni singolo individuo ha delle potenzialità..delle aspirazioni.. come il mattone e queste vengono esercitate grazie alle proprie muse ispiratrici, facoltà, volontà, passioni.

Luca Giordano

Salk Institue in La Jolla, Ca  Louis Kahn

immagini tratte da arch.48_b.kirk

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