di Nanni Salvio arpnet.it e da me ulteriormente e liberamente implementato e contestualizzato
Il petrolio scarseggia. La sua fine è decretata entro il 2030, dicono gli scienziati. Cosa succederà dopo?
Una crisi energetica, anzi una crisi di potenza, va prevista a causa della fine del petrolio a basso prezzo.
Gli studiosi prevedono che, ai ritmi d’estrazione e di consumo attuali (circa 27 miliardi di barili l’anno), intorno al 2005 è stato raggiunto “il picco di produzione geofisica del petrolio”, ovvero la massima capacità produttiva, tenuto conto anche dei possibili giacimenti ancora da esplorare o da sfruttare da poco ritrovati e considerando anche l’inarrestabile e senza controllo industrializzazione di Cina e India. Dopo di che inizierà il declino e, verso il 2030, si arriverà al punto in cui per estrarre un barile di petrolio occorrerà impiegare un altro barile di petrolio, ovvero la convenienza energetica ed economica attuale sarà nulla. La nostra economia è quasi totalmente petrolio-dipendente: non c’è nessuna “new economy” che non si basi sulla “old economy” del petrolio, come insegna la crisi energetica della California, avvisaglia di altri black-out energetici prossimi venturi.
Cosa succederà nei prossimi due o tre decenni? Ovviamente nessuno lo sa con precisione, ma si possono delineare tre principali ipotetici scenari .
Il primo, il più ottimista, è quello dell‘atterraggio morbido: la graduale e progressiva uscita dall’economia del petrolio, dall’ uso delle energie fossili, con una filosofia attiva del “ritorno al solare”, a fonti energetiche rinnovabili (legno, geotermia, idrogeno).
Il secondo scenario è quello dell‘assestamento che, attraverso il susseguirsi di crisi più o meno gravi, di fibrillazioni del sistema, giunge a stabilizzarsi nell’arco di qualche decennio, migliorando ulteriormente la cultura del risparmio energetico e della tecnologia.
Il terzo, quello della grande implosione, una visione apocalittica di conflitti armati, gravi cataclismi ambientali e lotta per la sopravvivenza.
Alcune avvisaglie di questi ultimi due scenari le abbiamo avute nel corso degli anni ’90: sono aumentati i “rifugiati ambientali” provocati da fenomeni climatici estremi (come l’uragano Mitch in Centro America), si sono scatenate lotte furibonde come conseguenza delle crisi economiche (Sud Est asiatico) e anche le guerre del Golfo, della regione transcaucasica e di quella balcanica, contengono elementi che possono ricondurre a valutazioni di ipotesi di controllo delle risorse energetiche (petrolio e gas).
Per la prima ipotesi proviamo a delineare una transizione dolce. Innanzitutto, chiariamo alcuni termini, a cominciare da quello di “crisi energetica”, che in realtà è improprio. Si dovrebbe piuttosto parlare di crisi di potenza.
Infatti l’attuale sistema energetico ed economico è centrato sull’impiego di energia ad alta potenza in grandi insediamenti urbani e produttivi per mezzo del petrolio, le energie fossili, in generale, e il nucleare, in particolare (Svizzera a parte dopo l’ultima decisione popolare).
Il solare, invece, è abbondante e diffuso su tutto il pianeta, in forma decentrata, ma poco si presta a produrre elevate potenze (benchè esistano esempi -anche locali- interessanti, vedi Airlight Energy Biasca).
In molti casi è però possibile sostituire l’utilizzo di energia ad alta con quella a bassa potenza. Un esempio classico: se confrontiamo lo scaldabagno elettrico con un collettore solare ci accorgiamo, che, nel primo caso, partiamo da energia pregiata elettrica, prodotta a partire da un’altra forma anch’essa pregiata, come il petrolio, nucleare o idroelettrica, per farla poi degradare rapidamente in calore a bassa temperatura. Nel caso del solare termico utilizziamo invece una fonte di energia diffusa e meno pregiata con una minore degradazione di potenza calorica.
In più, però, si deve prendere in considerazione la quantità di energia incorporata nell’impianto e, in generale, nell’intero ciclo di vita di un prodotto. Per esempio, ogni tecnologia che utilizza fonti rinnovabili (dal fotovoltaico ai collettori solari alla biomassa); richiede a sua volta energia per costruire l’impianto. Perché il tutto sia vantaggioso, è necessario che l’intero ciclo di vita dell’impianto produca più energia di quanta ne è stata assorbita per costruirlo e metterlo a disposizione del consumatore, o meglio, utente finale.
Una valutazione di questo tipo è più complessa e controversa, perché non ci sono strumenti di misura per verificare direttamente i risultati, e ci si basa su stime che comportano un’elevata incertezza.
Comunque sia, gli esempi e gli strumenti tecnici per il passaggio a “energie dolci” non mancano e lo rendono attuabile.
L’attuale modello economico e di sviluppo è intrinsecamente insostenibile inquanto basato sull’idea di crescita continua e illimitata, con un’esasperazione dei consumi e dei bisogni indotti individuali. Fonte di stress, non solo ambientale, ma anche per le persone. D’altro canto è bene intendersi: un modello energetico basato su fonti rinnovabili è possibile, ma mette a disposizione una potenza complessiva assai inferiore a quella attualmente richiesta, probabilmente di circa un terzo, che non può essere compatibile con l’idea della crescita illimitata di oggi.
Ciò non significa, non riflettere sull’uso concreto delle fonti energetiche rinnovabili.
Per approvare il passaggio al loro uso convenzionale, cioè tradizionale e non alternativa come viene oggi ancora dichiarata da diverse lobby, va anche compreso dal largo pubblico un elemento un pò nascosto che sta nella produzione, cioè quello del l‘ energia incorporata, altrimenti detta energia grigia, e quali conseguenze può avere su di noi tutti, sia per le decisioni che siamo chiamati a prendere sia per quelle che subiamo perché prese da altri.
Per far ciò occorre premettere cos’è l’energia, in particolare quella fossile, ma soprattutto gli aspetti a lei collegata ed intrinsechi.
Ho quindi incluso –e mi potete far sapere se in modo sufficientemente comprensibile- altri aspetti più informativi, che mi auguro esaustivi, per renderlo meglio comprensibile ai più.
Biomassa
La biomassa è l’insieme degli organismi che vivono su una data superficie e viene misurata in base al loro peso o al loro contenuto di energia. Da sempre questa fonte energetica viene utilizzata nelle società tradizionali come combustibile: legna da ardere, carbone vegetale, paglia, ecc. Ancora oggi la legna è uno dei combustibili eco-sostenibili più importanti nelle società.
Dalla biomassa è possibile ricavare biogas (una miscela di gas con prevalenza di metano) attraverso appositi impianti digestori, come avviene da tempo nelle società contadine in India e in Cina. Il biogas a sua volta può essere utilizzato direttamente come combustibile oppure per alimentare piccole turbine al fine di produrre elettricità o, meglio ancora, in piccoli impianti di cogenerazione, che producono sia calore sia elettricità. Oggi l’interesse è rivolto anche a particolari coltivazioni vegetali ad alto contenuto zuccherino (barbabietola, canna da zucchero) che permettono di estrarre biocarburanti in sostituzione di quelli fossili, come già avviene su larga scala in Brasile, dove il 25% del carburante proviene dalla biomassa (alcool di canna da zucchero). Questa soluzione può entrare tuttavia in competizione con l’esigenza alimentare, soprattutto nei paesi poveri.
Per terminare, l’aspetto bio-massa, è sintomatico evidenziare che la combustione della legna ai fini del riscaldamento degli edifici è interessante ma tendenzialmente da contingentare visto le problematiche di emissione dovute alle polveri fini emesse, benché meno d’impatto rispetto a quelle dei motori diesel, da detti impianti. Andrebbero quindi promossi imipanti di teleriscaldamento là dove la risorsa primaria è presente. Contestualmente questo aiuterebbe anche -dal profilo social-economico- quelle zone del Cantone discoste, le valli in particolare.
Bioarchitettura
Un insieme di tecnologie edili consentono oggi di realizzare abitazioni a basso consumo di energia, ecologiche e più sane. vedi:
In linea di principio, è possibile progettare case a costo zero di energia, ovvero tali da consentire di produrre tutta l’energia di cui hanno bisogno, utilizzando esclusivamente l’energia solare in forma attiva e passiva. Già in passato si conoscevano tecniche e accorgimenti costruttivi che consentivano di realizzare abitazioni, calde d’inverno e fresche d’estate, in maniera naturale, con un apposito orientamento della casa e una scelta attenta delle finestre e dei materiali impiegati (ad esempio i famosi “muri spessi” delle nostre vecchie case). Queste tecniche vengono definite “passive”, perché non utilizzano direttamente impianti di trasformazione. Tra le tecniche “attive” spiccano i collettori solari per produrre calore a bassa temperatura, sia per il riscaldamento sia per i servizi igienici, e i pannelli fotovoltaici da posare sui tetti o facciate, che consentono di far fronte all’intero fabbisogno di elettricità, magari rivendendo, grazie alla sua immissione in rete, l’energia in eccedenza.
In questo senso il nostro Cantone dal 2000 ha iniziato a prevedere notevoli incentivi per il risparmio energetico, il solare termico e fotovoltaico.
Trasporti
Razionalizzare il sistema dei trasporti è ormai un imperativo categorico per diminuire l’impatto dell’uomo sul pianeta. Le tre principali direttrici da seguire sono la drastica riduzione del trasporto privato e il potenziamento di quello pubblico, la valorizzazione della bicicletta e l’introduzione di automobili elettriche, gas naturale (meglio se ibride) o alimentate con celle a combustibile. Queste ultime sono dispositivi elettrochimici che consentono di combinare l’idrogeno (un combustibile tradizionale come la benzina) con l’ossigeno presente nell’aria per produrre acqua calda ed energia elettrica. L’idrogeno deve essere a sua volta prodotto a partire da una fonte primaria, per esempio quella solare. Al momento attuale, queste auto non sono ancora entrate in produzione, ma ne esistono vari prototipi e si prevede che nei prossimi anni sostituiranno man mano quelle in circolazione.
Come usiamo oggi l’energia?
Un punto importante da chiarire è: come usiamo oggi l’energia? Schematicamente, si può dire che circa un terzo va in calore a bassa temperatura, prevalentemente nel settore domestico (riscaldamento e servizi igienici), un terzo nei trasporti per il solo carburante (senza considerare l’energia incorporata nei mezzi di trasporto) e un terzo nell’industria. Il settore agricolo assorbe una quota molto bassa, ma in realtà quella per l’alimentazione è ben maggiore, perché i cibi che arrivano nel nostro piatto sono “carichi di energia”, detta appunto incorporata, per il loro trasporto e la loro confezione. L’agroindustria assorbe una quota che può variare, tenendo conto delle diverse voci, dal 10 al 25% del totale degli usi energetici finali.
Il sole è da sempre la fonte energetica che alimenta la vita sulla terra, dà vita alle piante che diventano cibo per gli animali, attraverso le differenze di temperatura origina il vento, la pioggia, le onde e le maree.
L’uomo ha adattato il suo stile di vita alla disponibilità del sole.
Per ovviare alla discontinuità dell’irraggiamento solare nel passato si migrava alla ricerca di climi più caldi.
L’invenzione più importante nella storia dell’umanità è stata la scoperta del fuoco, attraverso la combustione del legno.
Il fuoco fornisce la luce se è buio, riscalda se fa freddo, protegge dagli animali predatori, permette di cuocere i cibi.
Nel corso dell’evoluzione l’uomo ha continuato a sviluppare le tecniche della combustione, imparando a cuocere l’argilla e fondere i metalli, producendo utensili sempre più sofisticati.
Il legno rimaneva comunque la materia prima più utilizzata.
Le deforestazioni più importanti sono avvenute nei secoli a cavallo del primo millennio d.c. e hanno prodotto un danno ecologico permanente su intere regioni della terra.
Fino al diciottesimo secolo le uniche forme di energia meccanica usate erano il vento e l’acqua grazie ai mulini.
Con l’invenzione della macchina a vapore divenne possibile ottenere questo tipo di energia, bruciando legno.
L’esigenza di sempre maggiori quantità di energia, quindi di combustibile, spinse l’uomo ad utilizzare le risorse non rinnovabili della terra (carbone, petrolio ecc.), immagazzinate per milioni di anni nel sottosuolo e ritenute infinite.
Sull’utilizzo di queste fonti di energia si è costruita la rivoluzione industriale.
Il progressivo miglioramento delle tecniche di combustione ha permesso di ottenere grandi quantità di energia in modo costante.
Ciò ha reso possibile creare negli edifici un comfort artificiale senza dipendere dal ciclo discontinuo del sole.
In questo modo l’uomo e l’architettura hanno cominciato ad allontanarsi dalla natura senza accorgersene.
La combustione delle risorse energetiche non rinnovabili ha introdotto inoltre un nuovo problema: l’inquinamento.
La combustione del legno o delle biomasse, al contrario, causa un inquinamento ambientale ridotto (essenzialmente anidride carbonica, CO2 ) che può essere neutralizzato attraverso nuove piantumazioni o forestazioni.
Il legno venne sostituito anche come materiale da costruzione, soppiantato da calcestruzzo, acciaio, alluminio, plastica, ecc., materiali apparentemente più efficienti ed inesauribili.
Si ipotizzò che il non utilizzo del legno avrebbe contribuito a proteggere l’ambiente naturale, mentre invece si cominciò a danneggiarlo più gravemente.
La produzione e lavorazione dei nuovi materiali da costruzione richiedono un consumo di energia detta energia di produzione, considerevolmente piu` elevata.
Le fonti energetiche non rinnovabili, poi, richiedono maggior energia nel processo di produzione, trasporto, distribuzione e la somma di queste perdite nella loro trasformazione viene chiamata energia grigia.
L`energia grigia
In pratica, qualsiasi macchina o materiale, prima di costruirli e lavorarli, rispettivamente prima di usarli, cioè di giungere allo stadio che ne permetta la loro applicazione in un uso specifico, ha subito, a dipendenza della loro elaborazione, una quantità di processi che hanno richiesto l’uso di energia. Questa quantità di energia, servita per la trasformazione, è definita appunto energia grigia.
La produzione di questa energia, ha reso necessario lo sfruttamento di risorse non più rinnovabili, producendo di conseguenza carichi ambientali che gravano sull’aspetto sociale dell’intero sistema.
Inoltre per ottenere dei metalli o delle plastiche vieppiù particolari, si è reso necessario pure l’utilizzo di energia ad alto potenziale, recuperata da sostanze fossili, di cui ci accorgiamo sempre più, non essere inesauribili.
Per energia grigia si intende, quindi, il totale dell’energia utilizzata per la fabbricazione, il trasporto, la manutenzione di un prodotto durante il suo periodo di vita e l’eliminazione dello stesso alla fine del suo utilizzo. I dati relativi all’energia grigia dipendono dal processo di fabbricazione che deve permettere la sua calcolazione.
Qui vengono citati due tra i metodi più importanti per calcolare l’energia grigia:
ll primo si basa sulla statistica input/output (eventualmente in futuro si potrà redarre un articolo specifico), dove il fabbisogno energetico complessivo dell’economia viene ripartito fra settori. In funzione dei quantitativi d’energia impiegati in ogni settore si può determinare quanta energia viene utilizzata per franco del prezzo finale di vendita di un dato prodotto. Moltiplicando questo fattore per il prezzo finale del prodotto si arriva a calcolare il relativo contenuto di energia grigia. Questo metodo di calcolo ha, a suo vantaggio, che tutti i consumi indiretti vengono considerati. Come svantaggi, però, si può considerare la poca precisione nei dettagli, visto che si basa su prodotti/prezzi medi. Viene applicato nei paesi dove si tiene regolarmente una statistica input/output; ad esempio come viene allestito negli Stati Uniti ogni 4 anni per 370 settori.
Il secondo risale fino all’estrazione delle materie prime impiegate nella fabbricazione di un prodotto. Ad ogni passo del processo produttivo viene determinato il consumo energetico sulla base dei dati d’esercizio per poi sommarlo allo stadio successivo. Vengono inclusi nel calcolo anche gli input importanti che non sono sotto forma di energia. Questo metodo calcola il fabbisogno complessivo d’energia che dovrebbe risultare pari a quello calcolato con il metodo input/output.
Conclusioni
L’organizzazione della nostra economia oggi copre il proprio fabbisogno energetico grazie alla dipendenza da fonti di origine fossile ad alto potere energetico.
Davanti agli scenari illustrati sopra è palese la necessità e la reale possibilità di diminuirne l’utilizzo, a favore di energie rinnovabili a ridotto potenziale, che provocano un impatto ambientale più basso o addirittura, in certi casi, quasi nullo.
Non è affatto fuori luogo organizzare la nostra vita personale e collettiva, pubblica e privata, con lungimiranza per i prossimi 30 anni attraverso l’uso di fonti e tecnologie a basso impatto ambientale, quindi non fossili.
Se poi questo processo può essere accelerato, perchè il costo del petrolio inesorabilmente non potrà che continuare a salire, ne trarremo tutti un beneficio generale con ricadute economiche e sociali non trascurabili.
Luca Giordano
Bibliografia (non completa)
.Parte di una relazione di Ambiente Italia (ECIP) da Lillemor Lewan,
Centro Studi Ambientali, Università di Lund, Svezia
e Craig Simmons, Best Foot Forward, The Future Centre, Oxford, United Kingdom
.“Complessità, risoluzione dei problemi e società sostenibili”, di Joseph A. Tainter, 1996; in “Getting Down To Earth
.“Paradigma post-petrolifero e popolazione”, di Walter Youngquist; Population and Environment: A Journal of Interdisciplinary Studies Volume 20, Number 4, March 1999; http://www.oilcrash.com/italia/petrolm.htm.
. Alberto Di Fazio, “Le grandi crisi ambientali globali: un sistema in agonia, il rischio di guerra“, in: Massimo Zucchetti (a cura di) Contro le nuove guerre, Odradek, Roma 2000, oppure il sito http://dieoff.com
.P. Hawken, A. B. Lovins, L. H. Lovins, Capitalismo naturale, Edizioni Ambiente, Milano 2001