Casa di Carlo e Leontina Bianchi, Riva San Vitale, Ticino, Svizzera – Mario Botta, l’inizio – Analisi Critica, sensazioni; a colloquio con i committenti settembre 2011


composto -ed in gran parte frutto- da Luca Giordano Lugano

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Il risultato fattivo, l’opera – scatto personale

 

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Il principio concettuale generatore , scatto fonte vedi bibliografia

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il modello, scatto fonte vedi bibliografia

Contestualizzazione storico-ambientale

 

L’edificio viene inserito nel magnifico contesto periferico di Riva San Vitale.

Le origini del villaggio di Riva San Vitale risalgono all’epoca romana. Da una lunga iscrizione tombale ritrovata in paese, si è saputo che il nome della località era allora Vicus Subinates, ossia paese dei Subinati. La prima citazione in un documento scritto risale tuttavia al 744, ossia alla fine dell’epoca longobarda. L’antichità dell’insediamento è comprovata pure dal Battistero, la cui struttura di base è certamente romana. La pieve di Riva San Vitale è tra le più antiche del vescovado di Como.

Il 16 marzo 1790 la pieve di Riva San Vitale cessò di essere republica indipendente e venne aggregata alla comunità di Lugano.

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Veduta aerea satellitare di Riva

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 Il battistero di San Giovanni Battista

Considerazioni socio-filosofali metafisiche

Interessante notare la stratificazione degli affreschi che si susseguono nel tempo generando automaticamente un nuovo spazio “strappando” la scena alla “tavola” precedente. Da un punto di vista filosofico possiamo interpretare questo agire come un modo di riconquistare uno spazio a sfavore di chi precedeva; approccio insito evidentemente nella natura umana.

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  L’ascensione di Cristo  

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L’assunzione della Madonna

 

Apprezzo poi osservare un aspetto metafisico latente nei due affreschi sopra evidenziati.

Nell’immagine di destra possiamo notare, più facile per chi ha avuto modo di osservarli dal vivo, come la Madonna viene elevata al cielo dagli angeli in quanto “assunta”, secondariamente al Cristo, ad essere elevata, per grazia, al cielo in anima e corpo; Una speranza verso l’ascesa di cristo, verso la resurrezione alla vita eterna. L’assunta quindi è il compimento anticipato di tale promessa; è il segno fondamentale della trasformazione finale del mondo, Maria già possiede “lo splendore dei corpi celesti”.

L’attuale concezione del mondo è fortemente contrassegnata dalla dimensione escatologica, perché si vuole edificare, costruire il futuro che dia un senso globale all’esistenza umana. A un analisi superficiale potrebbe anche sfuggire l’esigenza di un senso totale della vita presente nel nostro convulso periodo storico, così contraddittoriamente immerso nel presentismo, nel passatismo, nel terrenismo, nel consumismo esasperato, cioè nelle forme mutevoli del nichilismo, con le tragiche

conseguenze della degradazione umana e della violenza o dell’indifferenza verso la persona umana.

Approfondendo l’analisi si potrebbe indagare su alcuni fenomeni diffusi nel mondo d’oggi (come la mistica orientale, la pratica yoga, lo spiritismo (da non confondere con lo spiritualismo evidentemente), il satanismo, la parapsicologia, le sostanze devianti, la new age e derivati..), così facendo non si può non avvertire ch’essi denunciano in qualche modo, magari oscuro e confuso, l’enorme insoddisfazione dell’essere vivente contemporaneo. I suddetti fenomeni denotano in qualche modo l’attesa spasmodica di qualcosa che rompa le barriere del mondo materiale; che forzi “la prigione del terrenismo”, per aprirsi a prospettive esaltanti quali la dimensione spirituale dell’esistenza, estesa oltre i limiti angusti della semplice sfera sensibile della vita, per trovare un senso totale e trascendente alla vita umana, per soddisfare il bisogno insopprimibile e urgente di natura escatologica sempre presente.

 

Relazioni tra metafisica e architettura, o meglio edificio residenziale, casa.

 

Per provare a rendere più consistente il mio personale e -a futura memoria- soggettivo contributo sopraespresso e intensificare l’identità delle relazioni metafisiche originate dagli affreschi del Battistero di Riva e l’edificio in questione, trovo interessante estrapolare parte di un testo che parla dell’architetto Kahn -anche mia musa ispiratrice come avrete viso o letto in altri testi- e del suo progetto a Dacca, India.

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Immagine del progetto a Dacca – Louis Isidore Kahn

 

“Le ragioni spesso trascendenti, che Kahn metteva come giustificazione dei propri processi compositivi, trovarono inaspettatamente nella realtà indiana, un terreno di coltura più appropriato, di quanto solitamente trovarono nella ben più pragmatica realtà occidentale. In particolare l’idea di fondo che consisteva nel relazionare gli esseri utilizzatori con il fine ultimo funzionale dell’edificio stesso, ovvero quello di riunire.

In questo caso l’unione era relativa al fatto che l’edificio era Assembleare e lui lo relaziona ad una moschea; grazie poi alla fondamentale importanza della religione nella vita dei Pakistani, Kahn immagina di catturarne l’essenza ed imprimerla al progetto.

Si sviluppa così un nucleo fortissimo dovuto alla giustapposizione di elementi riconoscibili ed isolabili nelle loro identità elementari, che originano, in perfetta adesione all’idea’Kahniana di composizione, una complessità comunque decodificabile in virtù della propria natura sommatoria; e qui potremmo poi parlare di Olismo formale in architettura, ma mi spingerei troppo oltre, contestualmente. Tutta la composizione di questa realizzazione è innervata da un senso di profonda trascendenza, e il veicolo per raggiungerla è l’uso degli elementi della natura. La luce gioca anche in questa serie di realizzazioni. Il suggestivo e predominante ruolo di costruttrice dello spazio.

Essa libera le forme dal vincolo della funzione, le scandisce e al contempo le fonde in una polifonia fatta di assolutismi e relativismi, esaltata dai vibranti toni della materia, del cemento armato e degli inserti in marmo bianco. Con il lavoro del tema della luce, Kahn in questa realizzazione, evolve ulteriormente il criterio del “muro abitato”: la massa si dilata in una sorta di spessore cavo, e si frammenta in ambiti distinti, tali da essere immaginati come elementi capaci di portare la luce nei punti più interni della pianta.

Ecco, a mio avviso è utile terminare questa digressione relativa soffermandoci sulla frase:

“elementi capaci di portare luce nei punti più interni della pianta..o potremmo dire ..di portare luce nei punti più interni nell’animo umano. Infatti, per quanto mi riguarda, penso che anche Casa Bianchi abbia queste caratteristiche metafisiche, spirituali che potremmo definire ed analizzare esegeticamente con diverse chiavi di lettura, alcune le rimetto qui sotto, senza commento, a stimolo e vostra suggestione critica ermetica.

Il Genius loci è un’entità naturale e soprannaturale legata a un luogo, e oggetto di culto nella religione romana. Tale associazione tra Genio e luogo fisico si originò forse dall’assimilazione del Genio con i Lari a partire dall’età augustea. Secondo Servio, infatti, nullus locus sine Genio (nessun luogo è senza un Genio) (Commento all’Eneide, 5, 95).

Secondo le prescrizioni del Movimento Tradizionale Romano, il Genius loci non va confuso con il Lare perché questi è il Genio del luogo posseduto dall’uomo o che l’uomo attraversa (come i Lari Compitali e i Lari Permarini), mentre il Genius loci è il Genio del luogo abitato e frequentato dall’uomo. Inoltre quando si invoca il Genius loci bisogna precisare sive mas sive foemina (“che sia maschio o che sia femmina”) perché non se ne conosce il genere. Fonte Wikipedia

“La mia casa è pratica. Grazie, come grazie agli ingegneri delle Ferrovie e alla Compagnia dei Telefoni. Non mi avete toccato il cuore. Ma i muri si alzano verso il cielo secondo un ordine che mi commuove. Capisco le vostre intenzioni. Siete dolci, brutali, incantevoli o dignitosi. Me lo dicono le vostre pietre. Mi incollate a questo posto e i miei occhi guardano. I miei occhi guardano qualche cosa che esprime un pensiero.”

Le Corbusier, Vers un Architecture, 1923

 

Si tratta di un sistema bidimensionale che rende difficile il male e facile il bene: con il Modulor viene ufficialmente codificato il principio unificatore universale che regola la vita ideale dell’uomo ideale, dall’architettura alla meccanica, dalla forchetta alla città.”

Albert Einstein, a proposito del Modulor

 

I Greci si posero anche il problema dell’esistenza di Dio. Socrate, come riporta Senofonte nei Memorabili, fu particolarmente votato all’indagine sul divino: svincolandolo da ogni interpretazione precedente, lo volle caratterizzare come “bene”, “intelligenza” e “provvidenza” per l’uomo.Egli affermava di credere in una particolare divinità, figlia degli dèi tradizionali, che indicava come dáimon: uno spirito-guida senza il quale ogni presunzione di sapere è vana. In Socrate infatti ricorre spesso il tema della sapienza divina più volte contrapposta all’ignoranza umana. Fonte wikipedia

 

“Una cosa costruita è infinitamente più ricca delle idee, dei disegni, dei progetti degli architetti stessi. La cosa costruita si arricchisce del rapporto della realtà. Si arricchisce della fatica del lavoro, delle compromissioni che rendono questa idea futuribile, la rendono patrimonio, testimonianza delle contraddizioni, ma anche delle aspirazioni della nostra società.”

 

Contestualizzazione territoriale ed orientamento

 

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Vista aerea satellitare del contesto edificato, google earth

 

Per quanto riguarda l’orientamento, la vista dal lago presenta la veduta del fronte est, mentre la vista opposta (quella della montagna) la veduta del fronte ovest. Lungo l’asse nord- sud (con il sud rivolto verso valle), invece, è possibile notare il profilo della passerella e il declinare delle curve di livello dalla montagna verso il lago.

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Vista prospettica da Sud-est, dietro Il Monte Generoso

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30.09.2011, a colloquio con il prof.Bianchi, vediamo il terrazzamento

Valutazioni secondarie ma fondanti, il rapporto cliente-luogo-architetto

 

Prima di lasciare lo spazio, che merita, alla struttura classica di una critica di progetto d’architettura, ritengo necessario –da un punto di vista del sentimento, del tributo obbligato– soffermarmi sul ruolo e sul carattere che il committente dona al progetto per mano –per lo più- del progettista incaricato.

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Pianta dell’edificio visto dal Carlo Bianchi artista

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Rappresentazione della “musa” in un momento di vita quotidiana del committente, sullo sfondo il San Giorgio

 

A colloquio con il prof.Bianchi non ho potuto fare a meno di carpire empaticamente l’amore che egli ha de liberamente elargito al progettista, sentimento che evidentemente –non entro in considerazioni personali- si capisce essere preesistente rispetto alla nascita del progetto stesso.

Il rapporto luogo-cliente-architetto risulta per me fondante in quanto permette –oppure impedisce in altri casi- l’innescarsi di quella –che alcuni definirebbero- magia che assume

forma e sostanza con l’evoluzione del progetto e l’erigersi dell’edificazione. Quanto questa procedura latente, e molte volte sottovalutata, rappresenta esula dall’esercizio contestuale ma meriterebbe –almeno per il sottoscritto- un attenta integrazione all’interno del percorso formativo di ogni architetto. Questo richiederebbe evidentemente l’assoggettamento a rilevanti concetti psicoanalitici di cui oggi però non parleremo.

 

Contesto storico culturale, il progetto ed il progettista & partners

La casa di Riva San Vitale è stata progettata da Botta nel 1971, con la collaborazione di Sandro Cantoni, su commissione di Carlo e Leontina Bianchi; la costruzione risale invece al 1972/73. Botta antepone la fiducia nella tettonica del muro alla razionalità dello scheletro, privilegiando la lezione kahniana a quella lecorbusieriana.

Linee marcate che staccano netti profili di una sagoma che si ritaglia nella natura circostante; superfici scolpite da geometrie regolari che rimandano il riflesso della luce in un gioco di vibrazioni luminose; la penombra di un recesso che ti accoglie al coperto e ancora dall’interno grandi visoni degli spazi che hai appena lasciato, inquadrato dalle linee semplici di muri, archi, pilastri.

Una casa che si afferma come residenza stabile, come rifugio in cui l’architettura “difende, rassicura, dura”, in opposizione al tipo di residenza della villa, identificato solo quale luogo rappresentativo di una certa condizione sociale. Attraverso l’aggiunta di spazi- filtro esterni viene a modificarsi la condizione di rigida separazione fra interno ed esterno, riproponendo una nuova funzionalità per l’intero organismo. Le grandi aperture protette e arretrate, così come i piccoli spiragli e le feritoie che interrompono la continuità dei muri, divengono punti di osservazione privilegiata sul paesaggio circostante, ne introiettano la presenza all’interno misurandone l’essenzialità. Questa relazione con l’esterno viene rafforzata anche dai grandi lucernari posti sulla copertura e dalla loro continuità, realizzati lungo la sezione longitudinale, riportandovi oltre la luce anche altri elementi come la pioggia, la neve e la grandine. Fragili membrature che riconnettono parti solide e ancora compatte: come un guscio incrinato che si sta dischiudendo, l’architettura di questi edifici sembra veder contrassegnare la nascita di un uomo nuovo, in cui l’esigenza di un rifugio, di una protezione, cede il posto a uno spirito di rinnovata fiducia e apertura verso il mondo esterno. Architettura saldamente ancorata alla terra del Ticino, alla straordinarietà di questi luoghi dove le ombre allungate, che la montagna ritaglia sul paesaggio, rendono la luce una cosa preziosa e indispensabile alla vita. Un’architettura generata da questa terra, ma un’architettura che sembra travalicare i confini per divenire il simbolo di una nuova condizione dell’abitare.

 

Questo amo di questo progettista e queste lezioni ho fatto anche mie per miei progetti.

 

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30.09.2011, Vista da Sud-Ovest

 

La colonna o il pilastro sono destinati a fini prevalentemente decorativi. Se l’ombra è completamento essenziale per la percezione della luce, il muro è la figura che materializza il vuoto.

Il disegno di Botta è attratto dalle figure capaci di separare, disporre, ordinare. Per tali ragioni, quindi, contro le convinzioni diffuse nella pratica contemporanea favorevole alla progressiva smaterializzazione degli involucri edilizi, l’architetto ticinese tenta di ricondurre, tramite tecniche ed immagini tradizionali, la costruzione a riconoscersi nelle virtù dei propri materiali. Osservando gli studi attraverso i quali quest’opera si viene definendo, sorprende la varietà delle tematiche sondate prima di giungere alla configurazione di un’immagine rigorosa, che si realizza in un difficile equilibrio di proporzioni. Ricercando tale stabilità, Botta abbandona l’ipotesi di utilizzare per la casa di Riva una copertura simile a quella costruita da Le Corbusier per la Maison De L’Homme, a Zurigo. L’edificio finisce così per presentarsi come una torre solitaria. Libera dall’abbraccio della natura, la casa si radica bruscamente al suolo, avendo come fine primario quello di esibire la propria diversità.

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Est

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Sud-Est

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Nord

 

In tal modo l’architettura, ancora una volta, stabilisce un rapporto biunivoco con il luogo. Il trattamento dei materiali, dal calcestruzzo agli infissi in ferro verniciato, non è incline ad alcun compiacimento. Le manipolazioni e gli scavi operati nei volumi mettono a nudo in facciata l’intelaiatura portante, trattata come una loggia gigante che accoglie un gioco di sprofondamenti.

L’insieme si squaderna in una sorta di catalogo, costruito con una sapiente successione, di citazioni lecorbusieriane, stando anche a quanto gli ambienti interni confermano.

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Vista dal salone verso la camera del “bisticcio”, dalla cucina verso l’angolo camino, e verso la scala dal basso

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Altri punti di vista interessanti

All’edificio, inoltre, si accede dal piano superiore, scendendo poi attraverso una serie di successione di piattaforme libere, illuminate da numerose aperture. Da Le Corbusier, inoltre Botta coglie l’insegnamento concernente la logica della forma architettonica, in rapporto con la luce, orientamento, clima e materiali.

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Piante dell’edificio, fonte vedi bibliografia


L’assemblaggio geometrico, dal quale emerge la soluzione angolare studiata per il principale corpo di fabbrica, che comporta l’isolamento di una libera forma parallelepipeda su cui poggia la copertura, è di derivazione Kahniana.

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Studi compositivi e distributivi di Mario Botta

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L’essenza materica imponente, incute quasi timore reverenziale, altro scatto personale di settembre 2011

 

Altrettanto interessante è approfondire uno dei concetti caro alla “coppia” cliente-architetto, ovvero il concetto di “ribaltamento”.

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Vista dal salone verso l’angolo Sud-Est

 

E’ Carlo Bianchi che mi fa notare il giuoco interno/esterno che la particolare concezione solido-“liquido” distributiva mette in chiara evidenza.

Soprattutto è genialmente spirituale la trasformazione che l’illuminazione solare e lunare –nel susseguirsi temporale- dona agli spazi interni concepiti che allo stesso tempo dialogano con l’arredo mobile e d’arte che la committenza ha –altrettanto genialmente/spontaneamente- collocato quasi a fungere da leva spirituale ad ascensione, verso il meglio, del tutto pensato, elaborato e costruito, per il bene privato e comune.

 

Bibliografia

. STORIES OF HOUSES: A Family House at Riva San Vitale, by Mario Botta

. Rivista Archiword

. Sursum Corda, L’Osservatore Romano – 15 agosto 2009

. Sito internet di Mario Botta architetto

. Sito internet MIMOA

. Sito internet Hisrtorias di casas

. Sito internet Comune di Riva San Vitale

 

6 thoughts on “Casa di Carlo e Leontina Bianchi, Riva San Vitale, Ticino, Svizzera – Mario Botta, l’inizio – Analisi Critica, sensazioni; a colloquio con i committenti settembre 2011

  1. articolo super!, tra l’altro sto facendo un lavoro per il politecnico di Torino su questo edificio. Saprebbe dirmi com’è fatta la stratigrafia dei muri?

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